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Montelupo Fiorentino

Acque, terra, fuoco. E lavoro.

Ascolta Montelupo Fiorentino e la sua tradizione ceramica raccontate da Jean Blanchaert

Montelupo Fiorentino è sulla guida “Le Città della Ceramica” pubblicata da Touring Club Editore e AiCC.
La guida è acquistabile in libreria e su Touring Club Store >

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Dal Medioevo al Rinascimento la ceramica di Montelupo Fiorentino è una pagina della storia di Firenze.

 

I ricchi giacimenti di argilla, l’acqua per gli impasti, il legname boschivo per alimentare i forni: la collocazione geografica è la prima condizione favorevole allo sviluppo di Montelupo come centro di produzione della ceramica. In questa terra si sono fabbricati vasi da che mondo è mondo, ma solo nel 1300 Montelupo inizia un clamoroso sviluppo che lo porterà, tra il 1490 e il 1540 a divenire uno dei luoghi più fecondi dell’Europa Mediterranea.

 

Era il periodo della maiolica arcaica e dei boccali decorati verde e bruno dalla bellezza semplice rustica, quando una serie di eventi a cavallo del 1400, primo fra tutti la crescita impetuosa tumultuosa di Firenze e della propria potenza mercantile, favorirono l’affinamento dei gusti, l’ingigantirsi delle commesse, il perfezionamento delle tecnologie. Comparvero allora i primi generi di lusso, come la zaffera a rilievo; si recuperano le tradizioni arabe, imitando e reinterpretando le prestigiose produzioni smaltate di provenienti dalla costa spagnola; si seguirono i colori e decori dei nuovi dettami rinascimentali, fino alle serie che rappresentano l’età d’oro di Montelupo: i fiori gotici, l’occhio della penna di pavone, la palmetta persiana.

 

Nel 1490 Francesco Antinori, ricco mercante fiorentino, acquisisce la produzione di ben 23 vasai montelupini, garantendone per tre anni la vendita a prezzi concordati. Il lavoro delle manifatture di Montelupo, promosso e commercializzato dalla lungimiranza e dal capitale finanziario dei nuovi signori di Firenze, si ferma in tutti i porti del Mediterraneo e oltre, tocca l’Olanda e l’Inghilterra fino a compiere il giro del mondo.

 

Dopo la metà del Cinquecento e per tutto il Seicento la produzione montelupina tende a sdoppiarsi: da una parte le splendide produzioni colte per le commesse fiorentine, come i vasi per Santa Maria Novella o i pavimenti per Maria de Medici, dall’altra le copiose produzioni popolari. È questo il periodo degli “Arlecchini”: dalla ricetta estetica colta, gli istoriati, nasce un genere popolare, fresco e genuino. Si rappresentano scene di vita e sogni quotidiani, preti e briganti, musici e armigeri, donne e cavalieri.

 

I segnali di una lenta decadenza stilistica, già avvertibili nel XVII secolo diventano evidenti in quello successivo. Il flusso dei commerci non più favorevole ai fiorentini, il decadimento delle commesse, l’introduzione della terraglia, portano alla interruzione della produzione della maiolica che durerà fino alle soglie del XX secolo. Tuttavia il mestiere di ceramista e il rapporto con l’argilla non viene mi abbandonato: per 150 anni Montelupo produce notevoli quantità di terrecotte, come pentole da cucina, scaldini, orci. Restano così al lavoro tornianti, modesti decoratori e fornaciai a tenere in vita l’antico mestiere. Sarà sufficiente il clima di rinascita economica instaurato con il Regno d’Italia a ricreare le condizioni del nuovo e fecondo sviluppo che dura fino a giorni nostri.

 

Il Novecento si caratterizza per il ritorno alle grandi produzioni di maiolica e per la ricerca di soluzioni innovative in rapporto alle scuole di design. Intorno ai gruppi Fanciullacci, Mancioli e Bitossi si creano centri di produzione di grande valenza economica e ricchezza artistica .Oggi nella zona di Montelupo operano circa 90 tra imprese e manifatture artigiane, la cui produzione, ove prevalgono sempre gli oggetti d’uso e ornamento per la casa, varia dalle riproduzioni rinascimentali alla tradizione innovativa, dalla terracotta ai prodotti di tendenza per la tavola.