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Mondovi

Nascita, e rinascita, di un marchio.

Mondovi è sulla guida “Le Città della Ceramica” pubblicata da Touring Club Editore e AiCC.
La guida è acquistabile in libreria e su Touring Club Store >

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mondovì

Materie prime, abbondanza di forza motrice, potenziali mercati lungo consolidate vie commerciali, ampia disponibilità di manodopera: questi furono i principali fattori che diedero impulso alle prime produzioni ceramiche nel territorio di Mondovì (Cuneo), a partire da inizio Ottocento, soppiantando progressivamente precedenti attività manifatturiere, in particolare quella serica, che stavano attraversando un momento di crisi dovuta all’afflusso dall’Asia orientale di merci più concorrenziali.

 

Nel panorama della ceramica popolare italiana dell’Ottocento, la denominazione “Vecchia Mondovì” individua una produzione d’oggetti d’uso comune caratterizzata da soggetti di gusto popolare, stesi con poche e rapide pennellate dai colori vivaci, rappresentativi di una tradizione produttiva diffusa e radicata sul territorio. I soggetti preferiti sono i paesaggi, i frutti, gli elementi floreali, le decorazioni geometriche e gli animali domestici, che vengono tratteggiati con maestria e gusto per il colore. Nessuna fabbrica deteneva il monopolio di un oggetto o di un decoro: tutte producevano gli stessi manufatti e utilizzavano le stesse decorazioni, così come richiedeva il mercato. Intorno al 1850 sugli oggetti prodotti dalla manifattura Giuseppe Besio (1841-1884) compare il tradizionale galletto, che negli anni diventerà il simbolo della ceramica monregalese. I manufatti della ceramica monregalese erano destinati principalmente al mercato locale nel quale le esigenze delle classi popolari convivevano con il gusto più raffinato della borghesia e della piccola nobiltà di provincia, che prediligeva i soggetti “colti” di gusto internazionale. Non è un caso, infatti, che i paesaggi che troviamo nella prima fase della ceramica monregalese derivino da analoghi soggetti utilizzati nelle fabbriche inglesi e francesi di Wedgwood.

 

L’esigenza di fronteggiare le ricorrenti crisi economiche, che per tutto il Novecento si abbatterono sull’ industria italiana, e la forte concorrenza dei paesi stranieri spinse i proprietari a impostare la produzione sull’elemento seriale, venduto a un prezzo contenuto e concorrenziale. Dove possibile gli stabilimenti vennero riammodernati e ampliati, i forni alimentati non più con il legname ma con il carbone che permetteva un miglior controllo della temperatura, l’argilla locale sostituita da quella importata dall’estero. I miglioramenti tecnici e l’applicazione del disegno industriale produssero oggetti dalle linee pulite e dalle forme geometriche semplici, che prevedevano un limitato intervento manuale. La decorazione, infatti, era affidata quasi esclusivamente alla tecnica dell’aerografo o alla decalcomania, preferita alla stampa monocroma in quanto utilizzabile con colori sgargianti; anche le tradizionali spugnette intagliate adoperate per i bordi vennero sostituite da timbri di gomma che sveltivano le operazioni. La tradizione non fu completamente abbandonata ma, con il passare degli anni, prevalse un gusto internazionale, aperto alle suggestioni più diverse. La produzione de La Vittoria, l’unica manifattura sorta nel nuovo secolo (1919), esplicita molto bene questa nuova impostazione.

 

Le manifatture monregalesi, seppur con modalità diverse, si sforzarono di affiancare alla produzione seriale una più pregiata, spesso costituita da pezzi unici dipinti su commissione. Si trattava di portavasi, anfore, oggetti d’arredo, pezzi da parata e da esposizione decorati in sintonia con il gusto dominante, spesso addolcito da soggetti di sapore ancora ottocentesco.

 

Scomparse una dopo l’altra tutte le fabbriche che avevano fatto la storia della ceramica monregalese – l’ultima, la Besio di Marco Levi, ha chiuso nel 1979 – la Vecchia Mondovì rivive oggi nel lavoro di un gruppo di motivati artigiani.

 

Testi: Alessandro Bracco – Dipartimento Cultura del Comune di Mondovì.