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Gubbio

Il lustro metallico, il decoro fiorato.

Ascolta Gubbio e la sua tradizione ceramica raccontate da Jean Blanchaert

Gubbio è sulla guida “Le Città della Ceramica” pubblicata da Touring Club Editore e AiCC.
La guida è acquistabile in libreria e su Touring Club Store >

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gubbio

I più antichi manufatti ceramici di Gubbio (Perugia) risalgono al neolitico (VI – V millennio a.C.). Sono inoltre emerse testimonianze del neolitico, dell’età del bronzo, del ferro e, soprattutto, del periodo romano: in località Vittorina è stata individuata un’officina del I secolo d.C. in cui si producevano anche tentativi di terra sigillata. L’attività produttiva nel campo della ceramica, documentata sin dal XII secolo, ebbe grande sviluppo a partire dalla metà del XV secolo. Ai numerosi vasai locali si associarono allora maestri forestieri (provenienti da Siena, Norcia, Borgo Sansepolcro, Teramo etc.), determinando un confronto di esperienze.

 

Tra i figuli operanti sullo scorcio del Quattrocento un ruolo di rilievo lo ebbe Giacomo di Paoluccio, titolare di una prestigiosa bottega locale. Con lui contrassero società i fratelli Salimbene, Giovanni e Giorgio Andreoli, originari di Intra sul Lago Maggiore. In questo periodo la fama della ceramica eugubina è legata ai lustri rossi, argentei e dorati, ottenuti in terza cottura secondo la tecnica araba codificata dal Piccolpasso (chiamata “maiolica” e ora conosciuta come “lustro ad impasto” o “lustro metallico”). Già nel 1495 – e più esplicitamente nel 1501 – Giacomo di Paoluccio e gli Andreoli producevano ceramica lustrata, presumibilmente simile a quella derutese ma arricchita da un intenso lustro rosso rubino. I più antichi esemplari che ci sono pervenuti, datano al secondo decennio del Cinquecento, periodo in cui prende avvio la serie delle maioliche siglate o firmate da Mastro Giorgio che morì nella primavera del 1554.

 

Durante il XVI secolo. furono attivi a Gubbio anche altri vasai che praticavano la ceramica lustrata, alcuni dei quali vennero in contatto con Mastro Giorgio: Traversi; Floris; Giovanni Maria, Bartolomeo e Vincenzo Cattani, figli di Giovanni, fratello di Mastro Giorgio. Fra Seicento e Settecento la ceramica eugubina ebbe un decremento produttivo e qualitativo. Sembra comunque che la maiolica locale, fin dallo stile compendiario, rimandasse a consuetudini delle regioni adriatiche, ma anche a modelli derutesi. Questo oscillare fra tipologie dell’Umbria e delle Marche rimane una delle caratteristiche salienti della produzione eugubina del XVII sec. Sporadiche testimonianze della prima metà del Settecento ci permettono di stabilire che a Gubbio persisteva allora la produzione di maiolica decorata, tra cui quella a foglie blu su fondo azzurrato. Le carte d’archivio ci consentono invece di documentare l’esistenza di fabbriche locali di Maiolica Rossa e di Maiolica Bianca nel secondo quarto del XVIII secolo.

 

Tra il 1856 e il 1857 venne ufficializzata la riscoperta dei lustri metallici da parte delle fabbriche eugubine, per merito di Angelico Fabbri e a Luigi Carocci, che condussero esperimenti e ottennero soddisfacenti risultati in proposito. Il perfezionamento dei lustri eugubini avvenne, dal 1865 circa, nella fabbrica diretta da Giovanni Spinaci, il quale sembra abbia appreso dal Carocci il segreto di tale lavorazione. A partire dai primi anni Ottanta fu attivo pure lo stabilimento ceramico di Antonio Passalboni, che produsse caratteristici piatti con intensi lustri e raffinate decorazioni a rilievo. Maioliche riverberate, ma anche e soprattutto in policromia, vennero minuziosamente decorate fino all’inizio del Novecento da Giuseppe Magni, per lungo tempo professore di disegno nelle scuole tecniche di Gubbio. A partire dall’inizio degli anni Venti di questo secolo furono poi aperte numerose fabbriche, tra cui la società Vasellari Eugubini diretta da Ilario Ciaurro e la Fabbrica Majoliche Mastro Giorgio di Polidoro Benveduti, nella quale venne anche sperimentata la tecnica del bucchero. È questo il periodo al quale risalgono le prime esperienze nel campo della ceramica di Aldo Ajò (il cui stile originalissimo fu imitato da allievi ed epigoni) e di altri abili ceramisti eugubini del Novecento (Baffoni, Cavicchi, Faravelli, Monarchi, Notari, i fratelli Rossi etc.).