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La grande storia della Società Ceramica Italiana.

Ascolta Laveno Mombello e la sua tradizione ceramica raccontate da Jean Blanchaert

Laveno Mombello è sulla guida “Le Città della Ceramica” pubblicata da Touring Club Editore e AiCC.
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L’atto di nascita delle ceramiche di Laveno Mombello (Varese) risale al 1856, anno in cui tre dipendenti dello stabilimento S. Cristoforo di Milano diedero vita alla “Società Ceramica Carnelli, Caspani, Revelli e C.”.  Nel borgo di Laveno essi trovarono quelle opportunità materiali (abbondanza d’acqua, un opificio abbandonato pronto al riutilizzo, il mulino dei Tinelli per la macina delle materie prime, il combustibile per i forni, dalla torba della palude di Mombello alla legna dei boschi e, infine, non meno importante, la via di trasporto costituita dalla lago, il Ticino e i canali che permettevano di far giungere facilmente la produzione a Milano) che consentirono loro di dare inizio a quella attività che avrebbe caratterizzato il paese per tutto l’Ottocento e per gran parte del Novecento facendola conoscere in Italia e all’estero.


La produzione prese avvio nella cessata fabbrica di vetri Franzosini con 36 operai, dimostrando la volontà dei promotori di puntare fin dall’inizio su una produzione industriale. Mantenendo il vecchio nucleo posto davanti alla riva del lago, nel 1871 si decise di acquisire la vicina vecchia caserma di S. Michele, costruita dal passato governo austriaco, ove furono istallati tre forni intermittenti a fiamma rovesciata (primi in Italia).  L’impresa subì una svolta nel 1883 quando si decise di trasformare la vecchia società in una nuova per azioni: la Società Ceramica Italiana, con un capitale sociale di 600.000 lire in gran parte sottoscritto dal Credito Lombardo. Inizia da questo momento quel processo di trasformazione e di ampliamento dell’attività ceramica che indurrà la direzione a espandere la produzione in altri stabilimenti. L’impulso maggiore si verificò dopo l’assunzione, nel 1916, della direzione da parte dell’ingegnere Luciano Scotti che aveva sposato la figlia di Antonio Casanova, il maggiore azionista dell’azienda, insieme al cognato Tommaso Bossi, fin dalla fine dell’Ottocento. Con lo Scotti ebbe inizio il periodo più fecondo e più produttivo che abbia conosciuta l’azienda: ci fu uno sforzo decisivo per aumentare la dimensione degli impianti e la produttività e per inserire processi di lavorazione più avanzati.


Gli ampliamenti dell’azienda si ripercossero in maniera evidente sul paesaggio urbanistico di Laveno e del vicino comune di Mombello, allora comune a sé stante.


Negli anni Venti Laveno diventò un cantiere: nel breve volgere di pochi anni vide la costruzione di imponenti palazzi che dovevano servire alle maestranze (operai e tecnici), la costruzione del cavalcavia che doveva eliminare la strozzatura determinata dalla linea ferroviaria delle Nord e permettere, mediante un trenino (la decauville), di collegare lo stabilimento Lago a quello detto di Boesio o dei Molini e, infine, a quell’edificio del Portaluppi (i magazzini generali) che doveva diventare il futuro nucleo dello stabilimento Ponte.


Il rinnovamento non si limitò all’ambito tecnico ma si estese anche all’aspetto stilistico della produzione: il segno dell’attenzione a questo aspetto fu dato dall’arrivo a Laveno dell’architetto Guido Andlovitz che assunse l’incarico di direttore artistico e che si confronterà con Giò Ponti della rivale Richard Ginori.


La ceramica lavenese continuerà a essere una produzione di massa, ma questo non le impedirà di cercare una sua linea finalizzata alla produzione di prodotti di larga diffusione, di buona qualità e di prezzo conveniente. La produzione della SCI era sempre stata quella della terraglia forte, ma con lo Scotti ci si avventura anche per altre strade. Negli anni Trenta viene avviata, nella stabilimento conosciuto con il nome di “Verbano”, la produzione della porcellana da tavola unitamente alla società tedesca Rosenthal e, successivamente, degli isolatori molto richiesti in seguito alla elettrificazione delle linee ferroviarie.


Superate le difficoltà della seconda guerra mondiale, lo Scotti riprese l’opera di ingrandimento creando lo stabilimento Ponte, ove fu portata la produzione della terraglia, mentre alla Lago si avviava, in maniera moderna e in grande stile rispetto al passato, il settore dei sanitari che avrebbe visto come protagonista indiscussa la professoressa Antonia Campi, subentrata, nel dopoguerra, all’Andlovitz.

Musei

MIDeC – Museo Internazionale del Design Ceramico

Il MIDeC (Museo Internazionale del Design Ceramico) inizia con una dotazione di base (deposito “Richard Ginori 1735”) che ne segna con chiarezza il destino e la vocazione. l’esposizione delle raccolte si articola in undici sale al piano nobile del palazzo. Si tratta di un Museo a carattere specialistico che raccoglie e documenta la produzione della terraglia forte da metà ‘800 a metà ‘900 nell’area lombarda e ha il merito di offrire al pubblico un’esposizione chiara ed omogenea.

La terraglia si distingue dalla porcellana perché prodotta con materie prime argillose, di resistenza meccanica minore, ma in compenso, può dare ottimi risultati con le decorazioni. Nata in Inghilterra presso la manifattura di Wedgwood intorno al 1750 si è subito diffusa in Italia.

La Civica Raccolta di terraglia, nata nel 1968, apre ufficialmente al pubblico nel 1971 nel cinquecentesco Palazzo Perabò, con una dotazione di opere in ceramica che ne segna con chiarezza il destino e la vocazione. La maggior parte delle opere provengono dalla raccolta della Società Ceramica Italiana Richard-Ginori, dalla donazione Scotti-Meregalli, dalla donazione Franco Revelli e altre donazioni private.

La collezione documenta la produzione in terraglia forte da metà del 1800 ai giorni nostri nell’area lombarda. Tra i direttori artistici delle ceramiche lavenesi, Giò Ponti, Guido Andlovitz, Antonia Campi sono stati i più prestigiosi.

l loro design ha dato un’impronta insuperata nella produzione ceramica lavenese, conosciuta in tutto il mondo. Nelle numerose sale, allestite al piano nobile del Palazzo soprattutto grazie al deposito di pezzi artistici da parte della Richard Ginori, si possono ammirare grandi vasi, portaombrelli, piatti e servizi da tavola finemente decorati, realizzati tra la fine dell’Ottocento e primo Novecento dalle maestranze della Società Ceramica Italiana (SCI) di Laveno Mombello; opere in stile Liberty e pezzi ormai rari di servizi igienici di manifatture italiane e straniere.

Sculture e pannelli in ceramica di A. Biancini, A. Campi, G. Andlovitz, P. Melandri, G. Gariboldi impreziosiscono le pareti del Palazzo e delle sale, attestando l’assoluto livello artistico delle opere prodotte nelle Ceramiche lavenesi.

Nell’ultimo decennio la collezione è andata arricchendosi di opere di artisti contemporanei che vedono nella ceramica uno dei terreni privilegiati d’indagine.

Per informazioni:

Museo Internazionale del Design Ceramico (MIDeC)
Lungolago Perabò, 5
21014 Cerro di Laveno Mombello (VA)
Tel 0332 625551
segreteria@midec.org
www.midec.org


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