Skip to main content

Bassano del Grappa

Mezzo secolo di Serenissima esclusiva.

Ascolta Bassano del Grappa e la sua tradizione ceramica raccontate da Jean Blanchaert

Bassano del Grappa è sulla guida “Le Città della Ceramica” pubblicata da Touring Club Editore e AiCC.
La guida è acquistabile in libreria e su Touring Club Store >

SCARICA PDF  SCOPRI SU YOUTUBE

 

A Bassano del Grappa (Vicenza), gli scavi archeologici della fine del secolo scorso nel sepolcreto di San Giorgio di Angarano hanno riportato alla luce vasi di uso domestico databili alla fine dell’età del bronzo e sempre nella stessa località è stato individuato un impianto di epoca romana per la fabbricazione di laterizi e di terrecotte architettoniche, secondo modelli iconografici già codificati a Roma e diffusi mediante cartoni. Alcune testimonianze sporadiche ci parlano di una produzione longobarda succeduta alla tradizione tardo imperiale, ma non si hanno notizie di fabbriche bassanesi in epoca medievale anche se si può supporre una produzione locale di vasellame comune, mentre per le ceramiche “fini” si faceva ricorso alle importazioni da Costantinopoli, Corinto e Salonicco.

 

Gli scavi di via Campo Marzio nel 1982 ci forniscono le maioliche più antiche prodotte con certezza a Bassano: sono frammenti di scodelle, piatti e alzate dipinti in policromia con la decorazione “candiana”, su imitazione dei prodotti provenienti dall’antica città di Iznik (in passato Nicea, Turchia). Siamo verso la fine del Cinquecento e anche il ritrovamento di manifatture quattro – cinquecentesche attive sul sito della futura fabbrica Manardi testimoniano la nascita della vera e propria tradizione ceramica bassanese. Il periodo di massimo splendore per la ceramica di Bassano è il Seicento, quando si afferma la manifattura dei Manardi, che dal 1669 per i successivi 50 anni ottengono dal Senato veneziano l’esclusiva per la produzione di maiolica, in tutto il territorio della Repubblica. La ceramica di questo periodo si distingue per la finezza dell’impasto, la ricchezza del decoro e la brillantezza dello smalto. Con l’aiuto anche di maestranze lodigiane e faentine la fabbrica produce una vastissima tipologia di maioliche, come vasi, boccali, scodelle, calamari, bottiglie, “sorbetti”, “pignati”, piatti da “capon”, sottocoppe, “squelin da caffè”, orinali.

 

Caratteristica è la produzione dei vasi da farmacia, orcioli e albarelli a rocchetto decorati in monocromo azzurro, a pennellate rapidissime, con due fasce con festoni di fiori e foglie delimitate da filettature sottili, che lasciano scoperta la zona centrale per la scritta.

 

Nel 1744 la fabbrica Manardi chiuse e venne il momento degli Antonibon di Nove, che diedero inizio a una nuova produzione inventando tipologie e decori. La maggior parte della loro produzione è costituita da oggetti d’uso, piatti vassoi, rinfreschiere, coppe, etc.; ma anche eccellenti candelabri, cornici per specchiere e piastrelle. In particolare l’azienda saprà mantenere un alto standard di qualità sia per i materiali sia per l’esecuzione in tutti e tre gli ambiti di produzione: maiolica dal 1727, porcellana dal 1752, terraglia a “uso inglese” dal 1786.

Nell’Ottocento continua la produzione popolare soprattutto dei piatti con decorazioni riferite ai lavori dei campi, alle stagioni, alla natura ed anche dei boccali con dedica e i famosi cucchi (ceramiche fischianti). Il nuovo stile per la ceramica (maiolica e terraglia) destinata ai ceti alti viene definito “artistico”, “aulico” o “neorococò”, ed è caratterizzato dall’accentuazione dei motivi ornamentali plastici e da decorazioni pittoriche che invadono la superficie con scene veristiche e motivi floreali. Nascono le fabbriche Marcon, Bonato e Passarin. La prima produce vasi ornamentali, zuppiere fitomorfe e zoomorfe, gruppi figurati, cestine, piatti popolari. Antonio Passarin dal 1882 produce maiolica e terraglia con forme barocche: centri tavola, coppe, vasche, specchiere, pannelli. Le decorazioni si ispirano alle opere dei grandi maestri del passato, come Jacopo Bassano o Antonio Canova, e anche ad autori contemporanei.

 

Bisogna aspettare fino al dopo guerra per vedere un vero e proprio rinnovamento che nasce principalmente dall’interno dell’Istituto d’arte per la ceramica di Nove e da alcune aziende “giovani” come quella fondata nel 1921 da Luigi Zortea; il rinnovamento della produzione contemporanea avviene attraverso un costante dialogo con le correnti figurative.